Storie e leggende

Discussion in 'Cultura' started by pierre, Dec 22, 2008.

  1. pierre

    pierre Well-Known Member

    Una leggenda breve breve, quasi fulminea, insomma una fucilata, l’ ho letta parecchio tempo fa ed è rintracciabile in questo bel libro di A. Jirasek, Racconti e leggende della Praga d'oro, Milano, Mondadori, 1989.
    Si racconta che nel quartiere di Malá Strana, visse una vedova molto avara che teneva tutto il suo denaro nascosto in casa. Tutte le notti, lo spettro di un monaco compariva davanti alla vecchia e ricca signora e la supplicava di dargli un pochino del suo denaro per poterlo così restituire ad una chiesa dalla quale l'aveva sottratto. L’ aiuto sarebbe servito per poter alleviare i suoi rimorsi e riparare alla sua colpa. Dopo molte notti di insistenza da parte del monaco la vecchia avara gli lanciò una moneta falsa. Il monaco se ne accorse e la notte successiva ritornò dall' anziana signora per vendicarsi e la strangolò. :twisted: Da quella notte una carrozza fiammeggiante alla cui guida vi è il monaco vestito di nero, che tra grida ed urla e schiocchi di frusta, se ne va in giro per il quartiere di Mala Strana a spaventare le persone. Il fantasma della vecchia signora vaga invece per la chiesa (Jan Na Pradle) con impresso in fronte il marchio della moneta falsa.

    Mi domando il perchè del bisogno di una giustizia diamantina da parte dei peccatori defunti. In questo caso dal furto siamo passati anche all' omicidio, mi par di capire che la giustizia ultraterrena ha qualche contraddizione. :roll:
     
  2. martina72

    martina72 Well-Known Member

    Che soria inquietante!
    Non la conoscevo..o almeno non me la ricordo :? Pier, mi dici il titolo in ceco?

    Certo che con i fantasmi cechi non c'è da scherzare....meglio accontentarli subito perchè se s'incazzano sono guai :D
     
  3. pierre

    pierre Well-Known Member

    Jezinky

    C’ era una volta un povero orfano che se voleva mangiare doveva andare a lavorare a giornata. Capitò, che una settimana, pur andando in lungo e in largo, non riuscì a trovare un ingaggio. Cammina cammina arrivo’ presso una casupola sulla cui soglia sedeva un vecchio le cui orbite oculari erano vuote. Nella stalla c’erano tante belle capre che però belavano disperatamente.
    Il vecchio disse: “ Povere capre se non fossi cieco vi potrei portare a pascolare, invece dovete rimanere nella stalla perché non ho nessuno che mi possa aiutare”. Il ragazzo allora si fece avanti e disse: “ Io potrei occuparmi delle capre e anche di te, se tu me lo permetti”. Il vecchio sorpreso chiese: “Chi sei?”. Il ragazzo rispose: “Mi chiamo Giovanni”. Il vecchio pensò un attimo e poi disse: “Accetto, ora per prima cosa prendi le capre e portale a pascolare ma non andare sulla collina che e’ in mezzo alla foresta. Potrebbero arrivare le Jezinka, loro sono crudeli, ti addormenterebbero e ti caverebbero gli occhi come hanno fatto con me (nel folklore boemo Jezinka e’ una strega cattivissima che abita nei boschi ed è solita addormentare le vittime per strappare a loro gli occhi, tradurre questo nome in italiano mi pare brutto quindi mantengo la definizione originaria ).

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    “Non temere, le Jezinka non mi strapperaano gli occhi”. Per due giorni Giovanni portò le capre al pascolo e stette bene attento a non avvicinarsi al bosco. Ma il terzo giorno si domandò “Perché devo avere paura delle Jezinka ?”. Quindi si inoltrò nel bosco e andò verso la collina dove il pascolo era migliore. Mentre le capre mangiucchiavano, Giovanni si sedette a riposare su una pietra. Improvvisamente una bellissima ragazza gli apparve. lei gli offriva una bellissima mela. Giovanni guardò la ragazza e sospettò che fosse una Jezinka e che voleva farlo addormentare, per cui le disse: “No grazie, sono sazio di mele ne ho appena mangiate parecchie; il mio padrone ha un albero carico di questi frutti”.
    La splendida fanciulla se ne andò. Dopo poco arrivò una seconda ragazza, era altrettanto bella, aveva una rosa in mano e la voleva offrire al giovane. Il giovane naturalmente rifiutò e la fanciulla se ne andò. Di li a poco arrivò una terza che voleva pettinarlo, il giovane non disse nulla, lasciò che lei si avvicinasse, poi l’ intrappolò legandola con dei rami di rovo. Immediatamente arrivarono le altre due fanciulle e lui catturò anche queste. Andò dal vecchio e lo condusse sulla collina dove aveva lasciato le tre streghe prigioniere e gli disse: “Guarda chi ho catturato, ora vedrai che loro ti renderanno gli occhi che ti hanno cavato tanto tempo fa”. Si voltò verso le streghe e disse minaccioso: “Se ora non mi ridate gli occhi del vecchio vi getto nel fiume”
    La prima strega condusse Giovanni in una caverna che era piena di occhi umani, c’erano occhi di tutti i colori, era uno spettacolo inquietante che faceva tremare le vene ai polsi. La strega prese dal mucchio due occhi e li diede a Giovanni. Giovanni li posizionò nelle orbite vuote del vecchio. Il vecchio disse: “Vedo, ma vedo solo gufi”. Giovanni scaraventò la strega nel fiume. Allora, Giovanni si rivolse alla seconda strega: “Dammi gli occhi del vecchio”. Lei prese due occhi dal mucchio, Giovanni li mise al posto giusto e il vecchio disse: “ Vedo, ma solo dei lupi !!!” E cosi’ anche la seconda strega finì nel fiume. La terza vista la sorte delle precedenti, trass dal fondo della piraemide due occhi e li diede a Giovanni; questi li mise al vecchio che cominciò a gridare: “Ringrazo Dio, ci vedo di nuovo !!!! Questi sono i miei occhi !!!!”.
    La storia finisce che Giovanni e il vecchio vissero insieme, il vecchio faceva il formaggio e Giovanni pascolava le capre. La Jezinka rimasta sparì dalla circolazione e non si vide mai più sulla collina.
     
  4. martina72

    martina72 Well-Known Member

    Che bella favola!!

    Anche l’immagine è molto bella, di solito le Jezinky sono rappresentate come delle donnaccie brutte, con i capelli arruffati e gli artigli.

    Jezinky fanno parte dei personaggi fantastici che popolano immensi boschi boemi, a volte si chiamano anche Jeskynky perché spesso si nascondono nelle grotte – jeskyne.
    Stanno sempre in branco, a differenza delle streghe che preferiscono la solitudine e la loro principale funzione è quella di scoraggiare i bambini ad avventurarsi nei boschi.

    Io vorrei raccontare un’altra fiaba che parla di loro,
    molto popolare e conosciuta tra i bambini cechi, ovvero
    O Smolíčkovi pacholíčkovi.

    Parla di un piccolo bambino (pacholicek) di nome Smolicek che era un orfanello e nessuno tra le persone del villaggio lo voleva.
    Un giorno Smolicek finì nel bosco e lì lo trovò un cervo con le corna d’oro, saggio e buono, che lo portò nella sua casetta nel bosco e si prese cura di lui.
    Vivevano felici e contenti.
    Ogni mattina il cervo uscì per pascolare e raccomandò a Smolicek di non aprire la porta a nessuno.
    Tutto andrò sempre bene finchè un giorno vennero le Jezinky ed iniziarono a supplicare il bimbo di farle entrare.
    (ebbene sì, questa favola è la variazione di Sette capretti)
    Smolicek cercò di resistere, ma visto era un bambino dal cuore d’oro e quelle vocine erano così insistenti, s’impietosì e aprì la porta. Immediatamente le Jezinky lo acchiapparono e si misero a correre con lui verso la loro tana. Povero Smolicek si disperò, piangeva tanto e chiamava il cervo con le corna d’oro. Che fortunatamente pascolava là vicino, sentì le grida e riuscì a salvare il bimbo dalle grinfie delle fate cattive.
    Smolicek promise che non aprirà mai più la porta di casa.
    Ma dopo un po’ di tempo, sentì nuovamente bussare alla porta. Erano le Jezinky che con le vocine tremolanti chiedevano di farle entrare per potersi scaldare un pochino. Erano le vocine così piagnucolose e disperate e promettevano a Smolicek che non gli avrebbero fatto alcun male e così lui aprì la porta.
    Questa volta, però, il cervo era troppo lontano. Jezinky sono riuscite a raggiungere la loro tana e rinchiusero Smolicek dentro una gabbia e iniziarono a farlo ingrassare per poi mangiarlo.
    Quando il bimbo sembrava sufficientemente grassottello, lo presero e stavano per metterlo nel forno. Smolicek di nuovo chiamava il cervo che stavolta per fortuna l’ha sentito ed è venuto subito a salvarlo.
    Smolicek ha finalmente imparato la lezione e da quel giorno non ha mai più disubbidito il cervo.

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  5. pierre

    pierre Well-Known Member

    Molto bella ed interessante questa favola, siamo tornati alla tematica che la disobbedienza ti può far del male. La disobbedienza dei fanciulli, nelle fiabe, e' spesso reiterata ma non esiste solo la loro, ci sono molte favole dove sono gli adulti che, per curiosità, avidità, stupidità od incoscienza, disobbediscono agli ordini che gli vengono impartiti e spesso ne pagano amaramente poi le conseguenze.
    Però questa volta la storia finisce bene e ti fa capire che questa favola era specialmente dedicata ai giovani; ok rampognarli un pochino però bisogna dar poi a loro una speranza :D.
     
  6. martina72

    martina72 Well-Known Member

    mi piace quella parola...rampognarli :D :D
    devo usarla ogni tanto :wink:
     
  7. pierre

    pierre Well-Known Member

    Nel lessico italiano ci sono tante belle parole che ormai non si usano più, la nostra lingua si è molto impoverita e lo sarà sempre più negli anni a venire. Utilizzare qualche parola desueta ogni tanto, secondo me, non fa male, non è un inutile sfoggio ma è utile per far rivivere parole che tendono a cadere nell' oblio.

    Dopo questa risposta a Martina, mi accingo a parlarvi un pochino di una favola. Quella del soldato e del diavolo. Ho messo nel testo dei pezzi in corsivo che sono soltanto delle mie strologazioni (altra parola non molto usata) potete saltarle piè pari, non sono molto importanti. Siccome questo post è già lungo evito di mettere immagini.


    Un soldato in congedo (ma io credo che si possa parlare di un soldato disertore, questa favola mi ricorda molto una favola di di Afanasjev) stava tornando a casa. Aveva solo tre soldi in tasca. Mentre stava attraversando un bosco incontrò un mendicante. Il mendicante gli domandavano un soldo. Il soldato glielo diede, proseguì il suo cammino Ed incontrò un altro mendicante. Questo pover' uomo era molto malato, e chiese al soldato un soldo. Il soldato glielo diedei. Incontrò poi un terzo mendicante. Questo pover' uomo era mezzo morto. Il soldato ebbe pietà di lui e gli diede l’ ultimo soldo che gli era rimasto. Il soldato aveva da poco lasciato la foresta allorquando Dio gli apparve , e in cambio del bene che aveva appena fatto gli concesse tre desideri da esaudire.
    Il primo desiderio del soldato fu quello di avere la tabacchiera sempre piena; Il secondo desiderio era che ogni volta che lui avesse visto una cosa che gli piacesse o lo interessasse, per averla gli sarebbe bastato dire,“Salta nel mio zaino” e lui sarebbe diventato proprietario di quella cosa. Il terzo desiderio era che lui voleva avere sempre il suo borsellino pieno di monete d’ oro.
    Nostro Signore disse: " E Così sia!"
    Poco dopo arrivò a un mulino e chiese ricovero per la notte. I molinai gli dissero che avevano solo una camera per loro, l’ altra era infestata da un diavolo che veniva a prenderne possesso ogni giorno a mezzanotte. IL soldato disse che non aveva paura e non si preoccupava del demonio. Lui accettava di correre il rischio e quindi lo lasciassero prendere la camera per quella notte. Una volta in camera, il soldato si sedette al tavolo e cominciò giocare a carte. LA mezzanotte giunse e giunse anche il diavolo, che vide il soldato che giocava, si sedette al tavolo e cominciò a giocare con lui. Il diavolo non riusciva a vincere, quindi cercò di assalire il soldato e di farlo a pezzi, ma il soldato che era sull’ accorto prontamente disse : “Salta nel mio zaino”. E li il diavolo finì. Al mattino dopo i molinai erano molto sorpresi di vederlo ancora vivo, cercarono in tutti i modi di ricompensare il soldato ma lui non volle nulla. Prese il suo zaino, andò da un fabbro e gli disse :”Ora martella per bene questo sacco con tutta la forza che hai”. Il fabbro così fece e dallo zaino uscivano urla laceranti che avrebbero fatto morire chiunque le avesse ascoltate. Dopo una così potente battitura, il soldato aprì lo zaino e lasciò libero il malconcio diavolo. Il soldato riprese il suo cammino e giunse in una città. Sentì raccontare che la figlia del re era una giocatrice di carte incallita, vinceva sempre e nessuno era mai riuscita a sconfiggerla. Il soldato si ecò al palazzo del re e chiese di poter incontrare la principessa e di giocare con lei. Giocarono per molte ore, in effetti la principessa vinceva sempre ma il borsellino miracoloso del soldato faceva in modo che lui aveva sempre soldi per pagare i debiti di gioco. Giocarono per molte ore, si fece tardi, andarono quindi a dormire. Il soldato prima di coricarsi, mise i suoi tre preziosi oggetti magici sul tavolo ma al suo risveglio questi erano spariti. La principessa li aveva rubati, così al soldato non restò che andarsene via dalla reggia assai scornato e addolorato per la sua scarsa attenzione. Il soldato riprese il suo cammino, e durante il suo viaggio vide un bell’ albero di mele, ne raccolse una, e ne mangiò metà. Man mano che proseguiva notò che tutti quelli che incontrava appena lo vedevano scappavano. Il soldato non capiva il percè, ando quindi verso uno stagno e si volle specchiare. Rimase di stucco quando vide che gli erano cresciute le corna. Comprese che questo sortilegio era dovuto alla mezza mela che aveva mangiato. Tornò indietro verso quell’ albero malefico e poco prima di arrivarci vide in lontananza un meraviglioso albero di pere. Ne raccolse una, ne mangiò mezza e d’ incanto le corna caddero. Il soldato tornò allegro e con i due mezzi frutti in tasca torno dalla principessa. La incontrò, le offrì la mezza mela ed aspetto gli eventi. Le corna spuntarono immediatamente. Nel reame ci fu una grande costernazione, subito tutti i migliori medici, cerusici, guaritori furono convocati; ma più tentativi curativi venivano fatti più le corna crescevano. Al solito, il re fece l’ ovvio editto che chi avesse riportato la figlia alla normalità l’ avrebbe potuta sposare. Il soldato di fece avanti , parlò con la ragazza, si fece promettere che se lei gli avesse reso quello che gli era stato sottratto lui avrebbe fatto sparire le corna. La ragazza accettò, mangiò la mezza pera e le corna caddero d’ incanto. Il soldato non volle sposare la principessa, prese i suoi tre preziosi averi e riprese il suo cammino.

    Qui la favola dovrebbe finire, invece, a mio parere, c’e’ uno strano salto narrativo, la storia diventa pù sintetica ed introduce elementi soprannaturali e molto meno magici. Vediamo se siete anche voi d’ accordo. Cerco di essere il piu’ fedele possibile al testo originale.

    Durante il cammino, il soldato incontrò la morte. Il soldato usò il suo solito sistema e la ficcò nel sacco. Girò per qualche tempo con la morte nel sacco finchè Nostro Signore non gli apparve di nuovo e gli fece capire che non poteva tenere la morte imprigionata. Gli umani, non morendo, sarebbero aumentati a dismisura e presto ci sarebbero stati problemi di sovraffollamento. Il soldato allora liberò la morte.
    Il soldato voleva andare in Paradiso, invece finì all’ inferno (non si capisce perché e per come, forse aveva sbagliato strada, anche se mi pare un po’ strano) ma appena i diavoli lo videro, presi da paura (memori delle botte che aveva dato ad un loro collega) chiusero il cancello e non lo lasciarono entrare. Allora il soldato andò alla porta del Paradiso, parlò con S. Pietro dicendo che voleva dare un occhiata, ma il santo portinaio non volle lasciarlo entrare. Il soldato, allora usò un trucco, gettò il suo mantello al di là della porta, e subito ci saltò sopra dicendo: “sono seduto su una mia proprietà e posso restarci quanto mi piace”. Rimase seduto per lunghi anni, finchè Nostro Signore tornò e gli spiegò che i vivi non potevano stare in Paradiso e che territorio dove potevano andarci solo i defunti. Il soldato si convinse e lasciò il paradiso e tornò sulla terra, dove visse sino alla fine dei suoi giorni per finalmente poi tornare al paradiso che tanto agognava.,

    Qui abbiamo, la morte che si fa buggerare o meglio sconfiggere (anche se non conosciamo il perché e il per come) Nostro Signore che deve fare continuamente l’ intermediario tra la scaltrezza del soldato e le regole comportamentali e del bon ton del buon cristiano.
    Questi elementi finali presenti nella favola mi paiono un qualcosa di aggiunto posteriormente; un qualcosa che impoverisce il racconto prettamente favolistica precedente per spostare il significato altrove.
    La ragione di queste aggiunte sono un po’ oscure, provo a lanciare qualche idea, non sono certo per nulla di dire cose sensate. Confido nella benevolenza di chi leggerà. Questa volontà di andare in Paradiso ha un qualcosa di nostalgico piuttosto che di conoscenza, sembra che il viaggio del soldato abbia qualcosa di iniziatico, infatti rifugge un matrimonio conveniente, sconfigge la morte e il male per dedicarsi alla ricerca di un qualcosa che ha a che fare con la rinascita individuale. Boh????
     
  8. martina72

    martina72 Well-Known Member

    Anche a me sembra che ci sono mescolate almeno due fiabe. Comunque la favola è molto bella. A me sono sempre piacciuti i racconti sulle avventure di questo personaggio, il soldato in congedo o "il veterano", lui era coraggioso e astuto e sapeva sempre come cavarsela.
    Pierre, tu hai scritto che "fugge da un matrimonio conveniente" ma infatti non era mica scemo per sposare una principessa così str.... :D
    Questa parte mi ricorda un film divertente, Tri veterani di Oldrich Lipsky.
    La storia è simile ma c'è anche molta satira politica. I soldati sono tre e ognuno riceve in dono un oggetto magico che poi si lasciano rubare dalla principessa perfida che regna in un paese incredibilmente balordo e lercio. Per punirla e riavere gli oggetti le portano una mela magica che le fa crescere il naso a dismisura, questo naso attraversa i vari paesi e fa quasi scoppiare l'incidente diplomatico perchè lo considerano l'invasione....poi i soldati si travestono da medici e in cambio di oggetti rubati le danno una pera che le fa ritornare il naso normale. Rinunciano gentilmente la mano della principessa che si offerta ad uno di loro e proseguono nel loro vagabondaggio.
    Forse ho già parlato di questo film sull' altro topic, devo controllare :) 8)
     
  9. martina72

    martina72 Well-Known Member

  10. pierre

    pierre Well-Known Member

    Bella ed interessante questa commistione "favole e cinema", visto che sull' argomento ne sai molto più di me, se hai voglia, potresti parlarci di qualche favola ceka che è stata proposta anche come film. :D
    Credo che ce ne siano molte, qualcheduna la conosco anche io ma molto poche. E' un genere che ad oggi ho praticato poco, mi sono sempre dedicato di più all' animazione. Questo film di Lipsky del quale hai accennato non lo conosco :( , quindi devo rimettermi in movimento per cercarne una copia.
     
  11. pierre

    pierre Well-Known Member

    La signora in bianco
    Ogni giorno, dalla primavera fino all'autunno, la giovane Bethushka andava con il gregge di pecore a pascolare nei pressi di un boschetto di betulle. In tasca aveva un fuso per filare del lino. Ma lei preferiva di gran lunga gironzolare nel bosco. Qualche volta andava a raccogliere fiori di campo, altre volte si divertiva a ballare da sola. Un giorno, le apparve una bella donna: aveva i capelli lunghi biondi e indossava un abito di seta bianca e una corona di fiori le cingeva la testa. La donna disse alla bimba "Vedo che ti piace di ballare!" , "Oh sì," rispose Bethushka, "vorrei ballare tutto il giorno ma mia mamma mi ha dato questo lino da filare."

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    La signora le disse: "Domani vieni, balla con me, ti insegnerò alcuni passi!" All’ indomani danzarono per tutto il giorno. Alla sera Bethushka raccolse il gregge tornò a casa. Quando la madre le chiese della filatura Bethushka, mentì e disse di aver dimenticato il lavoro nel bosco. Il giorno dopo Bethushka tornò nel bosco, questa volta però decisa a fare la sua filatura. La signora in bianco apparve apparve nuovamente e le disse: "Vuoi ballare?" Bethushka rispose: "Non posso. Devo filare questo lino, altrimenti mia mamma si arrabbierà". La signora in bianco rispose: "Se balli con me ti aiuterò." E così fu, la bimba tornò a casa con il filato e non raccontò nulla alla madre della signora che le appariva. La storia continuò anche il giorno dopo. La signora in bianco si complimentò con Bethushka per la bravura nella danza e regaloò alla bimba un sacchetto pieno di foglie secche di betulla.
    Bethushka tornata a casa, diede il filato alla madre che lo guardò con attenzione e disse: “Ma questo filato è troppo perfetto, non puoi averlo fatto da sola”. Allora Betushka raccontò tutta la storia. La madre non si arrabbiò anzi complimentò la figlia per la sua fortuna nell’ aver incontrato la dea delle betulle che era un personaggio buono che abitava i boschi, La bimba rinfrancata mostrò allora anche quello che la signora in bianco le aveva regalato. Tirò fuori la borsa e versò il contenuto sul tavolo e meraviglia delle meraviglie le foglie si erano trasformate in foglie d’ oro.
    Questa favola mi pare molto interessante e le notizie che ho trovato la indicano come una favole di origini molto antiche. La trovo importante perché focalizza l’ attenzione sulle betulle che sono stati considerati alberi sacri in molte culture pagane, ma soprattutto fra i Celti (oltre ad un significato religioso vero e proprio questa pianta forniva anche importanti medicamenti). La signora in bianco ha la funzione di suscitare un grande rispetto per il bosco e quindi per la natura. Altro aspetto interessante che emerge e’ che a volte disubbidire un po’ (il non filare il lino per utilizzare il tempo per divertirsi) non porta automaticamente a cattive conseguenze anzi può comportare anche a dei riconoscimenti. L’ oro che Bethuska ottiene credo, che come in tante altre favole, abbia un significato simbolico e quindi indichi una trasformazione interiore che è avvenuta. La danza sarebbe quindi il mezzo dare origine ad una nuova coscienza.
     
  12. pierre

    pierre Well-Known Member

    L’ Uomo che incontrò la povertà
    C'era una volta un uomo ricchissimo ed aveva un figlio che fin dall’ adolescenza si era dimostrato uno spendaccione incredibile. Questo giovane non aveva alcuna cognizione di cosa fosse la povertà anche se spesso gli era stato detto che nel mondo esisteva e che la miseria fosse ben presente. Una volta cresciuto e diventato adulto il giovane decise che voleva andare un po’ in giro per conoscere il mondo e per vedere se la povertà, della quale tutti parlavano, esistesse davvero. Suo padre fu ben felice della decisione perché, in cuor suo temeva che, il figlio, rimanendo a casa, diventasse soltanto un pigro sperperatore dei sui averi. Fornì al figlio una bella somma e lo lasciò partire. Naturalmente finche il ragazzo ebbe soldi tutto andò bene, poi una volta che i soldi finirono il suo viaggio cominciò a perdere un po’ del suo fascino, per qualche tempo riuscì ad avere dei crediti citando il suo lignaggio e il suo nome ma alla fine giunse in paese lontano dove era uno perfetto sconosciuto e la mancanza di denaro cominciò a farsi sentire pesantemente. Attraversando un deserto, quel giorno era in preda alla fame e alla sete, vide una grotta, delle scale che scendevano nel sottosuolo, senza pensare alle conseguenze scese da basso e arrivò in una grande stanza sotterranea e vide un uomo che dormiva appoggiato sul tavolo. Questo uomo era enorme e il giovane capì che era davanti ad un orco.
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    Tutto intorno all’ orco giacevano sparse ossa umane. Il giovane era seriamente preoccupato di poter finire a soddisfare l’ appetito del mostro. Avrebbe voluto andar via, ma era timoroso di svegliare l’ orco. Il giovane, allora, tirò fuori il suo pugnale e vibrò due fendenti negli occhi dell’ orco. L’ orco urlando a squarciagola cominciò a muoversi a tentoni per la vasta sala, il giovane tentava di riguadagnare le scale e fuggire ma l’ orco, anche senza vederci, conosceva bene la disposizione del luogo, si mise di traverso verso la scala impedendogli così la via di fuga. L’ orco tentava di acchiapparlo ma il giovane riusciva ad evitare le sue prese, la cosa stava andando avanti da lungo tempo allorché l’ orco disse: “Maledetto, tu, chiunque tu sia che mi hai reso cieco ma voglio darti una cosa che ti faccia ricordare la tua impresa e soprattutto di me”. Gettò quindi un anello nella direzione dove pensava che fosse il suo feritore. L’ anello era bellissimo, aveva incastonata una pietra fiammeggiante, stupidamente il ragazzo raccolse l’ anello e se lo infilò al dito. Appena ebbe l’ anello al dito, l’ orco cominciò a gridare:” Anello dove sei ?” e l’ anello rispondeva: “Sono qui !!!!, Più a destra !!!! Più a sinistra !!!!”. Quindi la fuga del giovane dall’ orco si stava complicando e di parecchio.
    Il giovane cercava di togliersi l’ anello ma questo sembrava facesse parte delle sue carni e non riusciva a spostarlo di un millimetro. Non aveva scelta doveva togliersi quell’ anello in qualche modo; quindi il giovane tese il dito con l’ anello verso l’ orco che lo acchiappò immediatamente strappandoglielo via di netto. L’ orco perse il suo “detector” e il giovane approfittò del momento per raggiungere le scale e fuggire via. Tornato a casa, molti gli chiesero : “Hai conosciuto la miseria ?” e lui era solito rispondere alla domanda: “ Certo, l’ ho sentita e vista e non c’e’ da scherzare con lei”.
     
  13. martina72

    martina72 Well-Known Member

    L'anello è simile a quello del Signore degli Anelli :wink:

    Pierre, le favole che posti mi piacciono tanto anche perchè sono tutte nuove per me!
    Voglio postare anch'io una, si chiama "Nove in un colpo solo", un po' di pazienza che la preparo :)
     
  14. pierre

    pierre Well-Known Member

    Martina ti fornisco le informazioni bibliografiche delle due ultime favole che ho pubblicato sul forum. Furono raccolte da Josef Baudis, professore di studi celtici e filologia comparata all' Università di Bratislava. Scrisse un libro intitolato "La chiave d' oro. 23 favole ceche", ho attinto dall' edizione inglese del 1917. Baudis morì il 4 maggio del 1933.
    Sicuramente puoi trovare notizie ed edizioni in lingua ceca.
     
  15. pierre

    pierre Well-Known Member

    Le tre rose


    C'era una volta una madre che aveva tre figlie. La madre doveva andare ad un mercato nella città vicina, e chiese alle figlie di che cosa avessero bisogno. Due di loro elencarono un gran numero di cose, la madre si rivolse alla terza e chiese: "E tu, non vuoi nulla?" "No, io non voglio niente, ma se vuoi, portami tre rose, per favore." Allora la madre andò al mercato. Comprò tutto ciò che doveva, si mise tutto in spalla, e riprese la via di casa. Ma la povera donna perse la strada, la notte incombeva e la donna era timorosa di dover passare la notte da sola nella foresta. Caso volle che giunse davanti ad un bel palazzo. Il palagio era circondato da un magnifico giardino e per di più era strapieno di rose. Questi fiori le fecero rammentare la promessa fatta alla terza figlia, lpoichè a madre si era dimenticata di comprare le rose al mercato. La donna pensò: "Ci sono un sacco di rose qui, ne prenderò tre, e nessuno si accorgerà di nulla e così fece. Aveva appena staccato le tre rose che comparve un uomo abbigliato con belle vesti, aveva un aspetto molto nobile e così parlò. “Mi hai preso le rose, ora in cambio io voglio tua figlia. Se non accetti ti faccio a pezzi !!!” .
    Alla povera madre non restò che accettare. Tornò a casa con la disperazione nel cuore. Andò dalla terza figlia e le disse: “Qui ho le tre rose, ma il loro padrone vuol un pagamento per questi tre fiori. Devi andare come ricompensa al bel palazzo che c’e’ dentro il bosco e consegnarti al nobile che lo possiede.” La figlia non disse nulla, anzi disse che era contenta di andarsene da casa. Si incamminò versa la nuova meta e la raggiunse in poche ore.
    Entrò nel giardino e immediatamente apparve il nobiluomo che subito le fece questa proposta: “Mi devi allattare per tre ore nei successivi tre giorni”.
    La ragazza protestò che non era usa a pratiche di questo genere ma il nobiluomo fu irremovibile e lei dovette acconsentire pena la vita. Cosi’ per tre giorni si trasformò in una balia . Al terzo giorno il nobiluomo arrivò con uno spadone in mano e le disse: ”Ora mi devi tagliare la testa”.
    La ragazza cercò di rifiutarsi ma nulla da fare o tagliava la testa a questo strano personaggio o lei ci avrebbe rimesso la vita. La ragazza cedette e tagliò il nobil capo. Ma appena decollata la testa, dal busto usci fuori un orribile serpente che sibilava e che chiedeva, a sua volta, di essere decapitato. Questa volta la ragazza non esitò e spicco via la testa del serpente. Immeditamente il corpo del serpente si trasformò in un bellissimo giovane che ringraziando la ragazza disse: ” Il palazzo mi appartiene e ti voglio sposare”.
    Ci fu una gran festa per festeggiare il matrimonio e tutti gli invitati passarono la giornata in allegria ballando e giocando.
     
  16. pierre

    pierre Well-Known Member

    L'uccello dal ventriglio d'Oro

    C'era una volta un pover' uomo che aveva una famiglia numerosa. Era così povero che non aveva niente da mangiare. I suoi bambini per tre giorni non avevano avuto il cibo. Il quarto giorno il padre era fuori e su un cespuglio vide un uccello che brillava come l'oro.

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    (ho utilizzato un illustrazione di Ivan Bilibin)

    "Se potessi acchiapparlo e portarlo a casa forse i bambini riuscirebbero a distrarsi e dimenticherebbero la fame” pensò tra se e se. Riuscì nell’ impresa e portò a casa il volatile e i bambini erano così contento che per due giorni non piansero per il cibo. Il terzo giorno l' uccello scodellò un uovo d'oro. Il bambino più grande prese l'uovo e lo portò in paese per cercare di venderlo. Girò negozio per negozio finchè non arrivò da una specie di orafo, che guardò e riguardò l’ uovo e disse:
    " Non credo di avere abbastanza soldi per comprare questo uovo."
    "Dammi solo del pane", disse il ragazzo. " Sarà sufficiente."
    L'orafo gli diede due pagnotte di pane, e gli diede anche qualche ducato d'oro. Così una volta tanto la famiglia potè mangiare a crepapelle.
    Due giorni dopo, l'uccello fece un nuovo uovo d'oro, e il ragazzo immediatamente lo portò all’ orafo e lo vendette allo stesso prezzo.
    L’ orefice aveva un figlio che espresse il desiderio di vedere questo meraviglioso e magico uccello. Andò a casa del ragazzo, ammirò l'uccello e scoprì sotto le sue ali un 'iscrizione che nessun altro, fino ad allora, aveva visto.
    La scritta diceva: “Chi mangia il mio cuore diventerà re. Chi mangia la mia ventriglio ogni mattina troverà sotto il cuscino un mucchietto di ducati d'oro.” Il giovane, non disse nulla, tornò a casa di filato e raccontò tutto al padre.
    L’ astuto orefice pensò immediatamente di combinare un matrimonio fra il suo figliolo e la figlia del pover’ uomo. Come dote, la famiglia della ragazza avrebbe dovuto mettere a disposizione l’ uccello d’ oro e cucinarlo per il pranzo nuziale. I fratelli della ragazza erano molto dispiaciuti per questa decisione, ma lo sposo fu irremovibile e dovettero cedere. Il povero animaletto fu cucinato, i due fratelli della ragazza avrebbero voluto assaggiarne un pezzetto ma non osavano né prendere un ala né una coscetta, allora decisero che uno avrebbe mangiato qualcosa all’ interno: il primo prese e mangiò il cuore, il secondo il ventriglio. Dopo aver gustato questi due piccoli pezzi prese loro paura per quello che avevano fatto e scapparono via da casa per paura di ritorsioni.
    Gli sposi dopo la cerimonia tornato a casa per festeggiare e lo sposo fu sgradevolmente sorpreso di vedere che il cuore e il ventriglio erano scomparsi ma non disse nulla.
    I due ragazzi andarono per il mondo e trovarono lavoro da un commerciante; dormivano sempre insieme e la moglie del commerciante ogni mattina trovava un mucchietto di monete sotto il cuscino, ma non sapeva a quale dei due appartenessero. Onestamente le mise da parte e in capo ad un anno era riuscita a riempire un barilotto. Alla fine di questo tirocinio di un anno i due giovani decisero di partire ed andare separatamente a cercare una nuova attività. La moglie del commerciante dispiaciuta, mostrò il loro tesoro, ne diede una parte ad entrambi e li rassicurò che quando sarebbero tornati avrebbe dato loro la parte che restava. I due ragazzi se ne partirono tutti felici, uno andò a destra e l’ altro a sinistra.
    Il più piccolo giunse in una taverna, la padrona aveva due figlie che giocavano benissimo a carte; il ragazzo si cimentò con loro ma in poco tempo perse tutti i soldi che aveva. Quindi non gli restò che andarsene a dormire, ma al mattino successivo era di nuovo ricco e poteva giocare di nuovo. Le ragazze erano molto sorprese di questa sua quotidiana disponibilità di denaro e cominciarono ad interrogare il ragazzo che stupidamente raccontò quello che era successo. Le ragazze capirono, misero un potente emetico nella bevanda del giovane e gli fecero vomitare il vermiglio. Ottenutolo mandarono via il giovane in malo modo.
    Il giovane vagava disperato per un bosco quando vide un cavallo che appena aveva mangiato delle foglie di una pianta si trasformava in una capra., poi la mangiando un altro tipo di foglie ritornava cavallo. Il ragazzo prese una bella scorta di queste foglie magiche e tornò alla taverna.
    Fece in modo di farle mangiare alle due ragazze e alla madre e una vita che furono trasformate in capre le prese con se e le portò via come prede.
    Arrivò in una cittadina dove un nuovo re stava costruendo il suo castello, il nuovo re aveva bisogno di manodopera e il ragazzo si offri di aiutare nel trasportare pietre mediante l’ utilizzo delle capre. Il nuovo re era l’ altro fratello, i due appena si incontrarono, si raccontarono tutte le loro avventure e quando il re seppe della donne trasformate in capre chiese al fratello di abolire questa punizione. Il fratello ubbidì e fece ritornare le capre nella loro sembianza umana. Poi sempre sotto suggerimento del re, sposò quella ragazza che aveva mangiato il ventriglio e vissero ricchi, felici e contenti.


    Questa favola è strana, io la conoscevo come una favola araba; certo l’ edizione araba varia da questa ma l’ impianto è molto simile; come abbia fatto a diventare una favola ceka proprio non so; non mi pare che i ceki abbiano avuto molti scambi commerciali con gli arabi. Misteri della circolazione dei miti e delle leggende.
    La favola che vi ho appena raccontato fu pubblicata da Parker Fillmore, New York: Harcourt, Brace e Howe nel 1919.

    Se vi fa piacere leggere la versione araba la potete trovare qui
    http://www.google.it/imgres?imgurl=http ... s%3Disch:1
     
  17. pierre

    pierre Well-Known Member

    nell' attesa di "nove in un solo colpo" vi racconto quella di Giovanni il Dormiglione.
    La favola e’ morava ed e’ stata raccolta da BM Kulda.
    http://cs.wikipedia.org/wiki/Bene%C5%A1_Metod_Kulda


    C'era una volta un ragazzo di nome Giovanni, detto il “Dormiglione”, perché aveva un terribile difetto, gli piaceva dormire e qualunque posto andava bene per poter pisolare. Un giorno arrivò ad una locanda dove dei viaggiatori stavano nutrendosi e riposando i loro cavalli. Giovanni si nascose nel loro carro e si addormentò. I viaggiatori e dopo un certo tempo si accorsero che sotto la paglia c’era Giovanni che dormiva. Lo presero lo chiusero in una botte vuota per la birra e lo lasciarono nel bosco. Giovanni non si accorse di nulla e continuò dormire; nel frattempo arrivarono dei lupi, attratti dall’ odore di Giovanni; Giovanni s sveglio e dal buco della spina della botte vide i lupi. Cominciò a preoccuparsi molto perché si rese conto che non poteva uscire. Uno dei lupi, infilò la coda nel buco e subito Giovanni l’ acchiappò; il lupo spaventatissimo si mise a correre trascinando quindi la botte., il lupo correva correva finchè la botte non scontrò una roccia e si spaccò, Giovanni usci fuori e mollò la coda del lupo che filò via come una saetta. Ora Giovanni era davanti ad una montagna selvaggia e lì incontrò un eremita che gli disse: “Fra te giorni morirò, se su mi prometti di rimanere con me e di seppellirmi ti darò tre doni preziosissimi.” Giovanni accettò. Passati i tre giorni, poco prima della morte, l’ eremita chiamo Giovanni e gli diede:
    - un bastone magico al quale potevi chiedere di farti trovare in qualsiasi posto si volesse:
    - uno zaino dove poteva mettere tutto quello che voleva;
    - un berretto che lo avrebbe reso invisibile.
    L’ eremita i lasciò la ghirba e Giovanni esaudì il suo desiderio e quindi preso il bastone si fece trasportare nella città del re.
    Nella città c’era un gran mistero in ballo; pareva che la regina tutte le notti se ne uscisse con 6 paia di scarpe nuove, sparisse e nessuno sapeva dove andasse.
    Il re aveva promesso una grossa ricompensa a chi avesse svelato il mistero. Molti ci avevano provato ma nessuno vi era riuscito.
    Giovanni Dormiglione si presentò al Re e offrì il suo aiuto. Il Re accettò.
    Venuta la sera, Giovanni occupò una stanza vicino a quella della Regina, s mise a letto e fece finta di dormire. La Regina, volle accertarsi che Giovanni dormisse, convinta, prese 6 paia di scarpe e sparì.
    Giovanni si alzo, prese il bastone e chiese ad esso: “Portami dove è la regina”.
    La regina era davanti ad una roccia, la terra si aprì e vennero incontro a lei due draghi, che la fecero salire sul loro dorso e la portarono nella foresta di piombo. Giovanni interrogò di nuovo il bastone e anche lui si trovò nella foresta di piombo. Come prova spezzò un ramoscello, ma la pianta emise un urlo lacerante, la Regina si spaventò e scappò via e sparì. Giovanni interrogò di nuovo il bastone e si ritrovò nella foresta di latta. Prese un nuovo rametto e la pianta emise un fischio acutissimo; la Regina si spaventò e sparì via. Interrogato di nuovo il bastone Giovanni si ritrovò nella foresta di argento. Prese un rametto, altro urlo terrificante della pianta, la Regina per lo spavento svenne, arrivarono i draghi e la presero e la portarono su un prato verde. Arrivò una folla di diavoli che rianimarono la Regina e subito dopo iniziarono rpima a banchettare e poi a festeggiare ballando a più non posso. La Regina ballò talmente tanto che consumò le 6 paia di scarpe. Quando le scarpe erano talmente logore che non avevano nemmeno più una sembianza di calzatura, i draghi ripreso la regina e la riportarono al punto di partenza. Giovanni si fece riportare nel proprio letto dal bastone in modo da arrivare prima della Regina.
    Il mattino dopo fu convocato dal Re e Giovanni il Dormiglione cominciò a raccontare tutta la storia. Da principio il Re non accettò la prova dei rametti della foresta di piombo e di latta ma comincio a tentennare quando vide il rametto della foresta di argento. La Regina resasi conto di essere stata scoperta e allora gridò :” Che la terra mi inghiotta !!!!” e così fu, la Regina scomparve in un batti e baleno.
    Giovanni ottenne metà regno e quando il Re morì ottenne anche la restante parte.
    .
    Commentino.
    1- Le donne amano e sempre ameranno le scarpe.
    2- Se hai intenzione di andare a ballare al chiar di luna con il diavolo guardati prima le spalle.
     
  18. martina72

    martina72 Well-Known Member

    :oops: :oops: :oops:
    me ne sono completamente dimenticata :oops:
     
  19. martina72

    martina72 Well-Known Member

    Fatto. Il travaglio è stato lunghissimo, ma alla fine c’è l’ho fatta ed ecco a voi DEVĚT JEDNOU RANOU ovvero NOVE IN UN COLPO SOLO

    Buona lettura :wink:


    C’era una volta un povero contadino che aveva un figlio di nome Honza.
    Gli fece imparare il mestiere di fabbro, ma purtroppo morì presto e lasciò al figlio in eredità soltanto un paio di vecchie zappe e delle scuri.
    Honza seppellì il padre e di tutti gli vecchi attrezzi fece un enorme mazza di ferro. Dopo, se ne andò a girare per il mondo. Visitò molti paesi, ogni tanto trovava qualche lavoro e si fermava un po’ e poi continuava a vagabondare.
    Un giorno, faceva molto caldo, arrivò in un boschetto, si sdraiò nell’ombra e si addormentò.
    Ad un certo momento si posò su di lui uno sciame di mosche, lo infastidivano e lo pungevano fino a svegliarlo. Honza era un tipo tranquillo e aveva cuore d’oro, ma gli insetti lo fecero arrabbiare proprio tanto e lui le schiacciò con una mano. Dopo notò che nove mosche sono morte stecchite sul palmo della sua mano. Quindi ebbe un idea. Prese un gessetto e scrisse sul cappello: NOVE IN UN COLPO SOLO. E poi s’addormentò di nuovo.

    Quel boschetto apparteneva al re e nessuno aveva il permesso di entrarvi. Era annunciato in tutto il regno, che chi fosse stato sorpreso dentro il bosco sarebbe stato severamente punito. Ma Honza non ne sapeva nulla e per sua sfortuna il re, proprio quel giorno, stava cacciando da quelle parti e vide dormire il ragazzo sotto un albero.
    Il re mandò immediatamente un servo a catturare l’intruso. Ma il servo, appena s’avvicinò al dormiglione, lesse sul capello NOVE IN UN COLPO SOLO, vide quella enorme mazza pesantissima e tornò da re tutto spaventato.
    “Mio Signore, quel tipo là deve avere una forza incredibile, ha un bastone di ferro enorme ed è capace ammazzare nove persone in un colpo solo!”
    Il re fece svegliare Honza e gli spiegò che aveva violato la proprietà del re e per legge gli spettava la prigione ma, gli disse, che se riusciva ad eseguire tre compiti molto difficili, sarebbe non solo stato libero ma poteva sposare la figlia del re .
    “Va bene” disse Honza “io non ho paura di niente e se la principessa è carina sarò felice di prenderla in moglie”.

    Il re invitò Honza nel suo palazzo, gli assegnò una magnifica stanza e gli offrì da bere e da mangiare.
    Intanto convocò una riunione con i suoi consiglieri e insieme cercarono un compito importante per sfruttare la forza di Honza e soprattutto liberarsi di lui.

    Come primo compito decisero di mandarlo ad uccidere un enorme unicorno che faceva scappare tutta la selvaggina del re. Honza aspettò che l’animale s’addormentasse, salì sull’albero sopra di lui ed iniziò a buttargli dei rametti ed urlava; l’unicorno, svegliatosi, cominciò a correre intorno all’albero e cercando di far cadere Honza. Ma ad un certo punto s’incastrò con il corno nel tronco dell’albero e rimase bloccato. Honza afferò la sua mazza di ferro ed uccise l’unicorno con un colpo solo.

    Il compito successivo era uccidere due giganti che vivevano nel bosco e minacciavano gli abitanti del regno. Honza si nascose sull’albero e aspettò l’arrivo dei due orchi. Nella notte fonda finalmente arrivarono e s’addormentarono sotto l’albero dove era nascosto Honza. Il ragazzo allora incominciò a lanciare grosse pigne. Prima sulla testa di uno dei giganti, poi sull’altro e li fece litigare tra di loro finchè non si ammazzarono a vicenda. Honza scese dall’albero, se ne tornò nel castello.

    Mancava ancora un compito da eseguire e questo era il più pericoloso. Honza avrebbe dovuto uccidere 30 banditi che seminavano il terrore tra tutti gli abitanti del regno e avevano rubato tantissimo oro al re. Questa volta Honza non sapeva come cavarsela. Per fortuna incontrò una vecchietta, che conoscendo bene questo ragazzo dal cuore d’oro e decise di aiutarlo. Gli regalò un rametto magico, con il quale avrebbe dovuto colpire gli banditi uno per uno. Honza ringraziò la nonnina e andò alla ricerca del nascondiglio dei ladroni. Si nascose nei paraggi, e quando loro di notte arrivarono, iniziò a lanciare le pigne ed attirare in questo modo un bandito dopo l’altro fuori nel bosco e colpendoli con il rametto magico e loro sparivano. Prima di finire si fece dire dove fosse nascosto il tesoro del re e poi restituì il rametto alla nonna.

    Il re, quando si rese conto che la sua figlia andrà in sposa ad un poveraccio, cercò di fregare Honza. Gli disse che la principessa si trova in una stanza con le altre ragazze, tutte vestite uguali, Honza avrebbe sposato quella che sceglierà.
    Honza però aveva già visto nel castello una bellissima fanciulla che gli piaceva tantissimo e quando la vide tra le ragazze disse: “Voglio sposare questa e nessun’altra!!” Ed era proprio la principessa! Il re brontolò, ma Honza gli consegnò il tesoro dei banditi e così lo fece contento. Ed era contenta anche la principessa, perché Honza era un ragazzo forte e bello e non le importava per niente che non avesse il sangue reale.

    Honza divenne un re buono e saggio e visse una vita lunga e felice con la sua principessa.

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  20. Ulisse

    Ulisse Well-Known Member

    Carinissima questa storia di Honza! Semplicissima e bella. Mi piace! :)
     

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